Il principio della scarsità: ecco come la paura della perdita incentiva gli acquisti
Il principio della scarsità: ecco come la paura della perdita incentiva gli acquisti Vendite flash
Sapete quanti milioni di dati, informazioni e stimoli il nostro cervello processa quotidianamente? Se non possiamo dare una stima quantitativa esatta, però, possiamo rispondere a livello qualitativo: probabilmente troppi. Il cervello umano è un continuo di impulsi elettrici trasmessi da una connessione neuronale all’altra. Per questo si determinano quelle che in gergo si chiamano le deviazioni sistematiche dalla razionalità o dalla norma nel giudizio umano, i bias cognitivi, processi mentali automatici che il cervello utilizza per elaborare informazioni complesse in modo rapido, efficiente e funzionale a prendere decisioni. Quando si lavora nel marketing automotive comprendere fino in fondo i bias cognitivi, per saperli integrare nelle strategie delle aziende del settore può avere un impatto profondo sulle vendite e sulla percezione che i consumatori e i pubblici di riferimento hanno nei confronti del brand. La rilevanza dei bias cognitivi nel marketing automotive deriva dalla loro capacità di modellare le scelte dei consumatori, spesso in modo “inconscio”, e di influenzare le decisioni di acquisto. Ma vediamo meglio come.
Le decisioni di acquisto nel settore automotive non sono sempre (o quasi mai) razionali, perché in verità risultano mobilitate da una miriade di elementi. Non c’è dubbio che acquistare un’autovettura non è da shopping giornaliero o ordinario e che vanno valutati parametri anche puramente tecnici e razionali come prezzo, caratteristiche tecniche, sicurezza, consumi, prestazioni. Tutti elementi che rassicurano sotto la sfera dei bisogni oggettivi. D’altro canto, invece, ci sono quegli elementi che appartengono all’emotività di ciascuno, ci sono cioè esigenze soggettive che l’acquisto di un’automobile può risolvere, ovvero il design, la reputazione del brand o persino quello che il mezzo può rappresentare. Mezzo, sì, perché l’autovettura diventa una canale preferenziale attraverso cui veicolare e trasferire una rappresentazione di sé: lo status, l’identità, l’appartenenza ad un gruppo. In linea di massima, e di fronte ai bisogni, razionali o emotivi, oggettivi o soggettivi ed esistenziali, i bias cognitivi agiscono come scorciatoie mentali, euristiche emotive, in grado di semplificare le decisioni d’acquisto.
Per questo nel marketing automotive, l’utilizzo strategico dei bias cognitivi può migliorare l’efficacia delle campagne pubblicitarie e delle tecniche di vendita e in tal senso un’analisi dettagliata dei vari tipi e del loro impatto specifico nel contesto è fondamentale per sviluppare soluzioni più efficaci e mirate. Vediamo in particolare tre tipologie di bias cognitivi: anchoring bias; confirmation bias; status quo bias.
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La prima impressione conta! Beh, questo potrebbe essere in sintesi la spiegazione di questo bias di ancoraggio, dove l’”ancora” altro non è se non la prima impressione che un individuo, un consumatore nella fattispecie, si fa circa un elemento che riguarda il prodotto che intende acquistare. Su questa informazione il consumatore fa affidamento e “ci si aggrappa”, restando proprio ancorato, e la utilizza per filtrare e comparare tutte le successive informazioni che riceverà. Questo bias di ancoraggio funziona parecchio nel settore dell’automotive e influenza le scelte d’acquisto di una automobile. Facciamo un esempio. Se un potenziale acquirente di una automobile entra in un salone e “la prima informazione” che vede, o a cui “presta attenzione” sarà il prezzo, questo primo prezzo diventa l’ancora attorno alla quale valuta tutte le offerte successive. Questo accade perché la mente umana tende a “semplificare” e utilizza il primo dato disponibile come riferimento, riducendo la complessità della scelta. Anche se l’acquirente vede successivamente altre offerte, la percezione del valore di queste è distorta dall’iniziale ancoraggio e anche se il consumatore vedrà possibilmente altri modelli di auto a prezzi maggiori o minori, egli terrà come base di giudizio quel primo prezzo e tutto il resta sarà giudicato come “caro” o “buon affare”, solo perché relazionato a quella primissima informazione captata. L’ancora dunque rappresenta il “punto zero”, il centro di partenza che consente di stabilire un valore per tutte le offerte che gravitano attorno a quell’elemento.
Le strategie di prezzo che sfruttano il bias di ancoraggio sono particolarmente efficaci, quando vengono combinate con tecniche di presentazione visiva che enfatizzano l’ancora iniziale. Ad esempio, le case automobilistiche possono utilizzare grandi caratteri o colori vivaci per il prezzo dell’ancora, attirando immediatamente l’attenzione del consumatore e facendo in modo che per tutta la trattativa di vendita venga mantenuta ben salda nella mente del cliente l’ancora iniziale. Quando un’azienda del settore fa funzionare bene il bias di ancoraggio, non influenza il consumatore solo per il prezzo, ma anche sulla percezione complessiva del valore del brand, atteggiamento che permetterà di aumentare comunque la fiducia dei consumatori nei confronti di tutti i modelli proposti.
Anche qui potremmo sintetizzare, e stavolta “disturbando addirittura gli antichi” con il notissimo detto “repetita iuvant”. Sì, perché in questo caso è quello che ci dà conferma, che in qualche modo riproduce e ripete un’informazione, a darci serenità nei processi decisionali finalizzati all’acquisto. Il bias di conferma, noto anche come confirmation bias, è un fenomeno psicologico pervasivo, che porta gli individui a cercare, interpretare e ricordare le informazioni in modo da confermare le loro credenze preesistenti. Una tendenza umana, potremmo definirla, che crea le condizioni per rafforzare le personali modalità d’agire: ricevere conferme sul fatto che stiamo procedendo bene con il nostro operato è la maniera migliore per sentirsi rassicurati, anche quando si tratta di fare investimenti onerosi come nel caso di una autovettura. Nel contesto del marketing automobilistico, il bias di conferma si manifesta quando i consumatori cercano attivamente opinioni, giudizi, recensioni, testimonianze e altre fonti di informazione che confermino le loro opinioni iniziali su un particolare marchio o modello di auto.
Chi ha per esempio già una preferenza di auto, marca o modello, tenderà a valutare solo i giudizi specifici per quell’automobile e non per altre. E non solo, perché il “bisogno di conferme” porterà addirittura il potenziale acquirente a non tenere troppo in considerazione persino le critiche. In realtà ha già scelto e chiede solo conferme alle proprie credenze, per l’appunto. Nel marketing automotive funzionano molto anche i testimonial, endorser, che siano esperti del settore, personaggi che godono di visibilità o “gente comune” tutti loro hanno un impatto significativo sulla percezione del consumatore, fornendo una forte influenza sulla decisione di acquisto. Le campagne di marketing, come anche gli spot pubblicitari, possono dunque focalizzarsi su quegli aspetti ritenuti essenziali per il consumatore, restituendo contenuti che servono a corroborare le sue credenze. Ovviamente però la comunicazione dovrà essere autentica e avere basi vere e non manipolatorie, né distorcere la realtà, con il rischio di una perdita di immagine per il brand o un danno etico per il consumatore.
L’uso strategico di questo bias deve quindi essere onesto in primo luogo e poi, come seconda cosa, avere alle spalle una reale stima del mercato e delle sue caratteristiche, per essere certi che le informazioni erogate siano anche in linea con i credo del pubblico. La possibilità della conferma va assicurata anche dalla pianificazione della medesima informazione su più touchpoint, così da aumentare la probabilità che il target sia raggiunto su più canali e veda più e più volte quel determinato contenuto, fino a ritenerlo “familiare”, e per questo una conferma alle personali attitudini di scelta o acquisto, rafforzando ulteriormente la percezione positiva verso il marchio.
E ci verrebbe, anche in questo caso, di tirare in ballo una sintesi nota, un modo di dire, per sintetizzare questo ultimo bias cognitivo … “A lasciare la strada vecchia per quella nuova, si sa quel che si lascia non si sa quel che si trova”. Questo è il terzo bias, quello dello status quo. In questo altra “modalità di pensiero” le persone agiscono seguendo una sorta di conformità nei contesti e nelle situazioni e si preferisce che essi restino immutati, piuttosto che mutati o mutevoli. Ci si aggrappa a quello che già si conosce, la propria comfort zone, e questo perché il cambiamento spesso fa paura, persino quello che possibilmente è migliorativo. Un altro schema di distorsione cognitiva: chi lo ha detto, infatti, che un cambiamento debba per forza essere peggiorativo?
Però, la paura di ciò che possa essere “diverso”, ci rende vulnerabili e fragili, inclini a pensare che ciò che cambia possa essere una qualche forma di perdita. Proprio per questo si preferisce continuare ad agire secondo quanto fatto sino ad ora. Per le aziende far fare il primo passo ai propri consumatori, magari verso prodotti nuovi o diversi, è senza dubbio una delle prove più dispendiose ed energeticamente faticose. Tale bias cognitivo ha una sua intima radice nell’inerzia decisionale, oltre alla percezione dei costi di un cambiamento e alla stessa avversione nei confronti di una qualsivoglia perdita. Lo stress che una decisione in controtendenza può causare produce stasi, o meglio lo status quo del bias in oggetto. Chissà quanti automobilisti ci sono tra di noi che “non cambierebbero mai il proprio buon vecchio catorcio”… nonostante il mercato dell’auto prometta loro modelli sempre più performanti e accessibili.
Cosa possono fare allora le aziende del settore di fronte ad un cliente tipo come quello che “funziona per bias dello status quo”? Beh, probabilmente puntare su modelli che non siano proprio “nuovi di zecca”, ma possibilmente presentando nella propria gamma anche autovetture che rappresentano un restyling o una reinterpretazione maggiormente attuale e performante di un modello più “ancient”, ma possibilmente amatissimo. Anche le testimonianze di clienti soddisfatti che hanno acquistato un nuovo modello di vettura possono fornire quella prova sociale necessaria per ridurre l’incertezza del cambiamento. Anche in questo caso bisogna puntare ad una comunicazione leale e veritiera, che non necessariamente debba “nascondere possibili svantaggi”, ma semplicemente mettere in chiaro e in luce le eali caratteristiche dell’automobile che si vuole presentare ai potenziali acquirenti, permettendo loro di fare una scelta solida e un acquisto informato e consapevole. Sarà la trasparenza a costruire fiducia e lealtà, elementi essenziali per convincere i consumatori a lasciare la loro zona di comfort e a considerare nuovi prodotti.
Bias o non bias, il settore delle auto non smetterà mai di evolversi e di sorprenderci, magari abbracciando strategie sui social network sempre più inclusive per il potenziale consumatore, o ancora accogliendo test driver immersivi per far sperimentare in anticipo l’ebbrezza della guida grazie alle realtà aumentata o alla realtà virtuale o a car simulator per “confezionare” il personale modello di automobile secondo le aspettative e i gusti dei consumatori, migliorando il coinvolgimento dei clienti, fidelizzando le loro aspettative e i loro acquisti sempre e sempre di più, costruendo quella lunga storia di stima e fiducia che si instaura tra brand e followers.
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