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Con il termine di fashion marketing si intende quell’insieme di strategie che ha come oggetto il settore della moda: nello specifico, questa branca del marketing valuta e analizza con attenzione le tendenze del momento in fatto di abbigliamento, accessori e modi di essere, trasformandoli in particolari strategie volte alla vendita o anche “semplicemente” alla brand reputation di un marchio d’alta moda. Quando si parla di haute couture, si alza il livello, poiché si parla di collezioni di alta moda, prestigiose, deluxe, uniche, in cui la rarità è un valore aggiunto importante e imprescindibile. Quali sono le scelte visive migliori da effettuare, nel fashion marketing applicato all’haute couture? Presto detto, per rappresentare al meglio il concetto di unico e raro, arriva l’Arte a darci una mano.
La differenza tra moda e alta moda, è che la seconda è qualcosa di unico, costoso, raro, riservato a pochi e per alcune occasioni speciali: rientrano in questo settore gli abiti di Gran Gala, per cerimonie, alcuni abiti di nozze, le collezioni esclusive degli stilisti dedicate a dive e attrici. Come si può ben intuire, non si tratta di passerelle che si rivolgono alla gente comune, con indumenti che si possono acquistare in negozio o, addirittura, sulle bancarelle del mercato! Per quello c’è il pret a porter, un settore che è stato inventato per la donna moderna che lavora, studia, bada alla famiglia e ha necessità di vestirsi bene ma comodamente, con abiti pratici e dalla grande vestibilità: non a caso pret a porter significa pronto da portare, quindi si tratta di collezioni per tutti. Nelle collezioni d’alta moda, al contrario, il fashion designer o, per chiamarlo con il nostro amato italiano, lo stilista di moda ha la possibilità di variare con forme, linee, tessuti e colori in completa libertà di espressione, facendo leva sulla sua completa creatività. Non esistono limiti di alcun tipo, poiché l’haute couture è strettamente collegato all’Arte e soprattutto alle arti applicate, decorative.
Una collezione d’alta moda può rapportarsi molto spesso con la scultura, con la gestione delle materie plastiche e pittoriche, come ad esempio nei famosi abiti della Maison Schiaparelli, che funzionano sovente come installazioni: chi mai potrebbe indossare con disinvoltura, anche all’evento di Gala più elegante, un abito con una testa di leone a mò di stola? Lasciando da parte il dubbio gusto, o se vogliamo dirla tutta il “non gusto”, un abito di questo calibro è progettato per stupire, stravolgere, lasciare a bocca aperta e, sostanzialmente, come provocazione. Gli abiti haute couture, di solito, sono progettati in nuce per meravigliare e destare stupore, non per un reale bisogno di essere indossati: per questo motivo lo stilista e il sarto hanno carta bianca e possono vagare con la fantasia, sperimentando con accenti mai visti prima, esagerando, provocando e veicolando messaggi precisi. Il supporto visivo per queste tipologie di applicazioni è, senza ombra di dubbio, legato al mondo dell’Arte e delle arti applicate, in cui si inseriscono l’Art Déco e la serigrafia, la composizione pittorica e la semiotica dell’immagine.
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Nel fashion marketing applicato nell’haute couture, è possibile spaziare e pescare a piene mani in svariate forme artistiche, dall’installazione all’happening, dalla performance alla Land (o Urban Art). Poiché l’abito viene interpretato come fulcro e focus della rappresentazione artistica, allora è possibile giocarci e trattarlo come fosse un ready made, svuotandolo completamente della sua funzione di vestito. Così liberato dalla sua necessità, dal concetto di urgenza e di emergenza, e in pratica della funzione di coprire, l’abito haute couture diventa qualcos’altro, un già fatto che ha un motivo d’esistere alternativo. Può essere ritratto come un quadro, come un dipinto, come una scultura al centro di un museo o di una galleria d’arte: oppure, diventa significante di un significato apparentemente lontano, ma con cui è strettamente connesso come vogliono le branche della simbologia e della semiotica dell’immagine.
Le tendenze più contemporanee vogliono l’alta moda fortemente in sinergia con la fotografia, dove l’abito si tuffa in una vera e propria esperienza immersiva in cui diventa immortale, non più sgualcito o toccato dagli eventi: è il caso questo degli scatti di Richard Avedon, Robert Mapplethorpe, Peter Lindbergh, Terry Richardson o Mario Testino, celebri fotografi di moda in cui l’abito è uno splendido escamotage inserito in modo impeccabile in un progetto più ampio, in un tableau vivant che altro non è che la composizione artistica dello scatto fotografico. Lo shooting diventa così qualcosa di speciale, fortemente collegato al design e alla ricerca dei materiali industriali, il nuovo marmo delle sculture di nuovi Michelangelo. Il fashion marketing applicato alla moda, per concludere, si traduce in numerose forme di pura espressione artistica, dalla fotografia al video making: l’obiettivo finale è generare stupore, crearsi un immaginario alternativo, veicolare un messaggio e lasciare un’impronta, che altro non sono che fini ultimi dell’Arte con l’A maiuscola.
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