Se siete amanti del genere, sicuramente avrete visto le sfide in esterna di MasterChef e vi sarà certamente capitato di vedere due squadre, composte da aspiranti chef, sfidarsi a suon di portate! Beh, in un certo modo è anche un po’ questo il mood che si genera all’interno di un team cooking, dove i partecipanti sono chiamati a collaborare strettamente, per raggiungere un obiettivo comune: dalla realizzazione del miglior piatto, fino al trasferirsi all’interno di una vera e propria cucina di un ristorante stellato, per soddisfare i palati più esigenti! Tanti sono gli obiettivi, ma il mezzo resta quello di poter imparare a gestire le risorse, a distribuire i compiti e a comunicare in maniera efficace e costruttiva. In questa cornice, il cibo si trasforma in veicolo di unione e coesione, il risultato reale, concreto e tangibile di una attività andata a buon fine.

Il cibo, dal canto suo, detiene un inestimabile potere unificante, in grado di portare a galla tracce socioculturali e facilitare dinamiche di relazione e interazione tra individui e collettività. Lo ribadiamo, il cibo non serve solo per nutrire il corpo, ma soddisfa bisogni che ricadono nella sfera della manifestazione della cultura, dell’identità e dell’appartenenza etnica e storica, incarnando simbolismi, tradizioni e codici espressivi peculiari delle diverse comunità umane. In questa sua connotazione intima e profonda, il cibo agisce come ponte che mette in connessione le persone e le fa comunicare con un linguaggio praticamente universale, inclusivo e reciprocamente arricchente, e dove la condivisione degli alimenti è pratica che certifica accettazione delle diversità in un clima di condivisione e accoglienza. Il cibo è un fattore aggregante, catalizzatore di socialità e convivialità, quindi, che rende l’animo umano propizio allo scambio: attorno ad una tavola diventa più facile il confronto, più semplice la condivisione delle opinioni che fa comunità, e l’accettazione anche di pensieri diversi o divergenti, gestibili come accrescitivi della “mentalità del gruppo” e non come depotenzianti.